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Evoluzione geologica

La storia pre-rift: il vulcanismo "trappico" ed il sollevamento degli altopiani
Il rifting Terziario in Etiopia è stato preceduto da un'intensa fase di vulcanismo, avvenuta in un breve intervalllo di tempo intorno a 30Ma, che ha dato luogo alla deposizione di voluminose colate balsatiche (i cosiddetti "trappi" etiopici). Un importante sollevamento della regione all'interno della quale si imposta successivamente la rift valley è iniziato contemporaneamente o poco dopo questo intenso vulcanismo, sebbene la tempistica di questi movimenti verticali rimanga molto controversa. L'occorrenza di questo vulcanismo e del sollevamento prima delle fasi di estensione è generalmente ritenuta una prova dell'influenza di pennacchi (o "plume") di mantello profondo nella dinamica estensionale dell'Africa Orientale (il cosidetto "rifting attivo"). Recenti modelli, in particolare, suggeriscono l'esistenza di un mega-pennacchio (African super-plume) che si originerebbe al limite mantello-nucleo sotto l'Africa meridionale e risalirebbe verso la superficie sotto l'Africa orientale dando luogo a plume minori nella porzione più superficiale del mantello. Tuttavia le caratteristiche (ed anche l'esistenza) delle mantle plumes al di sotto del continente africano sono dibattute.

E’ stato ipotizzato come il sollevamento degli altopiani possa aver avuto influenze sulla circolazione atmosferica portando ad una modificazione del clima dell’Africa Orientale. In particolare, la creazione questi rilievi montuosi avrebbe dato luogo a barriere orografiche in grado di inibire la circolazione zonale di aria umida, causando l’instaurazione di climi più aridi e determinando il passaggio da vegetazione di tipo foresta a vegetazione prevalentemente erbosa in ambiente di savana. L’adattamento a questa variazione negli habitat naturali avrebbe avuto un ruolo primario negli andamenti evolutivi degli ominidi dell’Africa orientale.

 

Trappi vicino al monastero di Debre Lybanos (cliccare sopra per scaricare per una versione più grande)

 

Trappi vicino a lalibela (cliccare sopra per scaricare per una versione più grande)

 

Evoluzione del rifting: localizzazione della deformazione e attivazione delle grandi faglie normali
La principali fasi di rifting sono iniziate diacronamente lungo il settore etiopico della rift valley durante l'Oligo-Miocene; la propagazione del rift non è stato un processo continuo ma caratterizzato da episodi deformazione seguiti da periodi di relativa quiescenza. La deformazione estensionale è legata al moto relativo delle tre placche principali Arabia, Africa e Somalia; in particolare il rifting nella depressione dell'Afar è controllato dalla divergenza Africa-Arabia, mentre più a sud l'estensione è generata dal moto Africa-Somalia. La localizzazione della rift valley è stata controllata dalla riattivazione di una zona di debolezza pre-esistente di età pre-Cambriana; a sud della depressione dell'Afar l'orientazione di questa zona di debolezza (circa NE-SO) e la dinamica recente delle placche litosferiche (che ha determinato una direzione di estensione circa E-O) hanno fatto sì che la rift valley sia stata controllata da condizioni di rifting obliquo (cioè di estensione non ortgonale rispetto alla direzione dell'asse del rift). Analisi geologiche e geofisiche suggeriscono che il rifting continentale nel Main Etihopian si sia evoluto in due fasi principali. In una prima fase, la deformazione è stata caratterizzata dall'attività delle grandi faglie normali ai bordi della depressione, con approfondimento della stessa, formazione di profondi bacini (con accumulo di uno spessore di sedimenti e vulcaniti fino a 5km) talvolta asimmetrici e diffusa attività vulcanica. In particolare, in questa fase iniziale, il magmatismo interessa tutta la rift valley, estendendosi anche a limitate porzioni dei fianchi del rift (dando luogo al cosiddetto vulcanismo fuori asse o off-axis volcanism).

 

Grande scarpata di faglia normale presso Golja (cliccare sopra per scaricare per una versione più grande)

 

Evoluzione del rifting: Abbandono delle faglie bordiere e sviluppo delle faglie interne alla depressione
La progressiva estensione porta alla seconda fase di rifting, ben espressa sia nella parte settentrionale del Main Ethiopian Rift che in Afar. Questa fase che porta alla focalizzazione dell'attività vulcano tettonica all'interno della rift valley, con disattivazione delle grandi faglie normali bordiere e formazione di densi sciami di faglie nella parte assiale della depressione con associato voluminoso vulcanismo (segmenti tettono-magmatici). L'assottigliamento progressivo della litosfera continentale durante il rifting ha controllato questo cambio nello stile deformativo, probabilmente in tandem con l'azione di indebolimento legato a processi magmatici. Nel Main Ethiopian Rift, le condizioni di rifting obliquo hanno creato una particolare architettura dei segmenti di faglie assiali, che sono infatti caratterizzati da un tipico arrangiamento "en-echelon". I magmi in risalita all'interno della litosfera sono, in questa fase, focalizzati dalle faglie interne, dando luogo ad eruzioni che avvengono preferenzialmente in prossimità dei segmenti tettono-magmatici.

Le due principali fasi evolutive del rifting continentale (cliccare sopra per scaricare per una versione più grande)

 

Differenza morfologica tra faglie bordiere (in alto) e faglie interne (in basso) (cliccare sopra per scaricare per una versione più grande)

 

Rottura continentale
Allorchè l'attività tettonica e vulcanica si localizza all'interno dei segmenti tettono-magmatici interni alla depressione, si sviluppa un importante feedback tra deformazione e magmatismo: la litosfera assottigliata viene fortemente modificata ed indebolita dalla voluminosa intrusione di magma, facilitando in questo modo l'estensione. La deformazione è in questa fasi accomodata da una combinazione di intrusione di magma, formazione di dicchi e fagliazione. In queste condizioni, la messa in posto di magma lungo le faglie interne permette la rottura della spessa litosfera continentale ed i segmenti tettono-magmatici inziano a comportarsi come dorsali medio-oceaniche ad espansione lenta. In generale, l'evoluzione sopra descritta documenta una transizione tra una morfologia del rift inziale dominata dalla fagliazione ad un rifting aiutato dal magmatismo (magma assisted-rifting) nella fasi finali dell'estensione che portanto alla rottura continentale. Questo testimonia un forte aumento dell'accoppiamento tra deformazione e magmatismo con l'aumentare dell'estensione, con il magma e l'intrusione di dicchi che giocano un ruolo più importante della fagliazione allorchè si passa da rifting continentale a formazione di una nuova dorsale oceanica.

 

Modello schematico di evoluzione del rift (modificato da Ebinger, 2005, Astronomy and Geophysics) (cliccare sopra per scaricare per una versione più grande)

 

Le fasi finali della rottura continentale sono visibili, senza copertura da parte di acqua marina, nella Depressione dell'Afar, dove le catene vulcaniche Quaternarie assiali (come l'Erta Ale) si comportano in pratica come dorsali medio-oceaniche subaree. Recenti dati geofisici hanno mostrato come alcune aree dell'Afar siano caratterizzate dalla presenza di strisce magnetiche ai lati dei segmenti magmatici del tutto simili, come pattern e ampiezza, a quelle che caratterizzano le dorsali medio-oceaniche.

 

la catena dell'erta nella depressione dancala in afar settentrionale (cliccare sopra per scaricare per una versione più grande)

 

Per maggiori informazioni contattare:
Dr. Giacomo Corti, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Geoscienze e Georisorse
Via G. La Pira, 4, 50121 Firenze, Italia - Email: giacomo.corti@igg.cnr.it | Telephone: +390552757524
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